L'invenzione dei microchip fotonici
Dalla Cina giunge un'innovazione che promette di rivoluzionare il mercato tecnologico del futuro. Un microchip innovativo che utilizza la tecnologia fotonica anzichè gli oscillatori elettronici.
Si tratta di un processore completamente ottico, che sfrutta la luce come mezzo di trasmissione delle informazioni, garantendo un'elaborazione più rapida delle informazioni.
In confronto ai chip tradizionali, che operano tra i 2 e i 6 GHz, questo raggiunge addirittura ai 100 GHz, dissipando meno calore e consumando meno energia, dimostrandosi quindi estremamente più sostenibile.
Gli scienziati cinesi affermano che la produzione di questi chip è più facile ed economica, suggerendo una prossima diffusione su larga scala. Tuttavia, in Occidente la notizia ha suscitato polemiche.
La Cina è stata accusata di iper sensazionalismo verso una tecnologia già esplorata da anni. Difatti le ricerche legate all'utilizzo della luce nei microchip, sono attive in Occidente da quasi 10 anni e pare che sia anche stato sviluppato qualche prototipo.
Eppure tali scoperte non sembrano essere mai state sfruttate commercialmente. Probabilmente perchè i produttori occidentali avevano maggiore interesse a continuare ad utilizzare le tecnologie a conduzione, e semiconduzione elettroniche, in quanto più redditizie e mature, piuttosto che riconvertire le proprie fabbriche e modificare i propri dispositivi.
Adesso però questa scelta potrebbe essere messa in discussione, soprattutto perchè siamo arrivati ad un punto in cui la miniaturizzazione elettronica dei chip ha raggiunto il suo limite massimo e la nuova tecnologia sta per essere sdoganata al pubblico di massa.
Questa scoperta va a intensificare ancora di più le tensioni tra Cina e Occidente. L'America, negli ultimi anni, aveva bloccato le esportazioni di microchip, e altre tecnologie, verso la Cina per paura di fossero utilizzato per scopi militari.
La Cina, in risposta, ha investito massivamente in ricerca e sviluppo tecnologico, dando seguito a diverse scoperte importanti mirate ad evolvere l'assetto tecnologico nazionale, limitando al massimo il bisogno da parte di aiuti esterni.
A dimostrazione di questi sforzi, notizie recenti indicano che Il Dragone stia incrementando da tempo la produzione interna di semiconduttori e microchip, e che la "Shanghai Microelectronics Equipment Group" (SMEE), abbia brevettato la sua prima macchina "Extreme Ultraviolet" (EUV), utilizzata per produrre dei microchip all'avanguardia, cercando di utilizzare anche nuovi materiali, come il carbonio, per i microchip.
Non stupisce quindi la rilevanza che ha assunto una piccola isola come quella di Taiwan nella competizione geopolitica di commercio di componenti elettroniche e tecnlogiche. Trattasi di uno tra i maggiori produttori di microchip al mondo, in cui le aziende occidentali inviano i propri materiali per essere lavorati e trasformati nel prodotto finito. Pertanto, la Cina ha il massimo interesse nel bloccare questa linea di produzione internazionale.
Alla luce di questo scenario, la cooperazione globale per il progresso tecnlogico sembra ormai un ricordo del passato. Tale rivalità cresce progressivamente, sollevando interrogativi sulla possibilità di una nuova guerra fredda. Ci stiamo trascinando verso un baratro evoluzionistico, in cui ci sono sempre più nemici e il loro progredire è una minaccia per tutti coloro che inevstono su questi mercati.
Una tecnologia così importante e rivoluzionaria come quella dei microchip ad aria potrebbe rapidamente diffondersi, ma il clima di tensione che accompagna ogni nuova scoperta è inquietante. Siamo forse sull'orlo di un nuovo conflitto mondiale?