La Sicilia reclama i Bronzi di Riace
La Sicilia reclama i Bronzi di Riace. Si sta indagando sull'ipotesi che la coppia di statue non sia stata trovata in Calabria.
Si sospetta, infatti, che i famosi bronzi appartengano in realtà a Siracusa e non a Riace, il luogo che ha dato il nome alle statue. L'accusa è quella di trafugamento ai danni dei siciliani, per favorire la città di Reggio Calabria. La procura di Siracusa ha aperto un'inchiesta per fare luce sulla questione.
La coppia di statue, famosa nel mondo per la loro bellezza, unicità e perfetto stato di conservazione, ha dato lustro alla città di Regina e al suo museo, che, grazie a queste opere, è diventato una tappa turistica internazionale. Cosa succederebbe se dovessero essere trasferite? La città sicuramente perderebbe visibilità e, di conseguenza, turismo. A guadagnarci sarebbe invece Siracusa, che di sicuro non manca di bellezze archeologiche.
Eppure, le statue non sono mai state spostate da Reggio Calabria. E, sebbene siano state fatte numerose richieste di spostamento verso altre città italiane o musei internazionali, tali proposte non sono mai state accolte.
I due bronzi, dall'estetica maestosa e potente, sono fragili e antichi, e per questo motivo non sono mai stati rimossi dal museo di Reggio Calabria. Chi ha voluto vederli ha dovuto recarsi fin lì.
Nonostante l'indagine, c'è molto scetticismo riguardo alla storia del ritrovamento in Sicilia. Non essendoci – fino a ieri – né testimoni né prove, come sarebbe stato possibile che le due statue venissero ripescate in totale silenzio dalla costa siciliana? E come sarebbero state trasportate in Calabria? Alcuni hanno ipotizzato il coinvolgimento della mafia, ma anche questa teoria appare poco plausibile.
Nella polemica è intervenuto Nuccio Schepis, colui che si è occupato del restauro delle statue. "Con tutto il rispetto", ha dichiarato, "non ho intenzione di commentare l'ennesima teoria sul trafugamento dei bronzi". Ha poi ricordato che i due capolavori furono ritrovati a Punta Forticchio, Riace Marina, sotto un fondale sabbioso, a otto metri di profondità. Fu Stefano Mariottini, romano, sub dilettante in vacanza, a trovarli il 16 agosto 1972. Avvistò un braccio che emergeva dalla sabbia.
Le statue furono restaurate prima a Firenze, dal 1975 al 1980, e poi, recentemente, a Reggio Calabria, tra il 2009 e il 2013, in un'ala di Palazzo Campanella, sede del Consiglio Regionale della Calabria.
Nel tempo, alla diatriba ha partecipato anche il medico Anselmo Madeddu, Presidente dell'Ordine dei Medici di Siracusa e appassionato di storia. Ha ipotizzato che le statue sarebbero state realizzate in Sicilia, in particolare a Siracusa. A tal proposito ha scritto due libri, tra cui “Il mistero dei guerrieri di Riace”. Nella sua ricostruzione, le sculture bronzee sarebbero state saccheggiate dall'esercito romano nel 212 a.C. e finite in mare lungo il tragitto, a Brucoli, nella rada di Augusta.
Un'idea che riprende un filone degli anni Ottanta, legato all'archeologo americano Ross Holloway, secondo il quale i bronzi erano stati rinvenuti in acque siciliane, ma erano stati portati in Calabria dalle organizzazioni criminali.
Gli archeologi sono molto scettici riguardo a questa tesi siracusana, ma ciò non ha impedito alla procura di Siracusa di aprire un fascicolo senza indagati, per ricostruire i fatti relativi al ritrovamento del 1972 e chiarire una volta per tutte come siano andate le cose.
A oltre 50 anni dal ritrovamento dei bronzi, ci si chiede se sia possibile interrogarsi ancora oggi su una vicenda del genere. È addirittura spuntato un testimone che ha raccontato di aver assistito, da bambino, nel Brucolese, a un'intensa attività di sommozzatori e a quattro statue coperte, caricate su una nave.
La questione rimane quindi aperta. E una nuova "contesa tra due potenze del Mediterraneo per il possesso delle statue" è in atto. Quale sarà la verità?