C'era una volta l'Amazzonia
C'era una volta l'Amazzonia. Oggi si stima che in 15 anni probabilmente non ci sarà più. A facilitare il disboscamento, diverse problematiche, tra cui quella degli incendi, che ogni estate divampano senza controllo e distruggono il territorio boschivo; ed anche alcune scelte opinabili del governo.
Recentemente, infatti, è stata approvata una riforma che modifica la normativa ambientale vigente. Con 267 voti favorevoli e 116 contrari, è stata introdotta una procedura semplificata per l'autorizzazione di progetti infrastrutturali, riducendo vincoli e controlli ambientali.
Il governo sostiene che questa misura è stata approvata per velocizzare e modernizzare un sistema eccessivamente burocratico, tuttavia, per il paese, ciò rappresenta un rischio concreto per la tutela della foresta amazzonica.
Sul piede di guerra le associazioni ambientaliste. In questa norma, ciò che viene maggiormente contestato, è l'abrogazione delle revisioni ambientali nei futuri progetti di edificazione. Questo, varrà per la autostrade costruite in zone forestali sensibili, ma anche per nuove edificazioni pubbliche e private.
Il rischio tangibile è quello di compromettere la salvaguardia della biodiversità e di accelerare la perdita di ecosistemi cruciali per l'equilibrio climatico.
Sebbene la riforma sia già passata, è ora al vaglio del Presidente Lula De Silva, che sta valutando la possibilità di esercitare il veto presidenziale, anche perché, in passato, ha già assunto posizioni a favore della protezione ambientale. Il Presidente, ha tutto l'interesse a facilitare lo sviluppo economico, ma non vuole rinunciare ad una politica ambientale che tuteli la biodiversità amazzonica.
Secondo questa direttiva, si crede che la superficie di aree disboscate potrebbe aggirarsi intorno ai 300.000 km². Un'estensione molto più vasta dell'intero stato di San Paolo. Un abuso del territorio che porterebbe ad uno sfruttamento incontrollabile delle risorse naturali, nonché ad un grave danno verso i popoli indigeni che abitano queste foreste.
L'attenzione internazionale è focalizzata sul Brasile, poiché a Novembre, a Belem, si svolgerà il vertice sul clima delle Nazioni Unite, il COP30, la direttiva ha izzato diverse proteste internazionali.
La foresta amazzonica è considerata il polmone verde del mondo; ma mese per mese, spariscono all'incirca mille chilometri quadrati della stessa. Uno scempio senza precedenti che ha raggiunto dimensioni considerevoli. Nel 2025, sono circa 960 chilometri quadrati di area disboscata in più, rispetto allo stesso periodo nel 2024. I dati emersi risultano davvero preoccupanti. Parte di questo fenomeno è legato anche alle necessità primarie della popolazione,quali agricoltura e allevamento, ma anche gli incendi legati alla crisi climatica e la relativa siccità, giocano un ruolo importante, assistendo a danni e conseguenze irreparabili.
IL disastro non è relativo solo sotto l'aspetto ecologico, ma anche sociale ed economico. A rischio ci sono intere comunità indigene e tutte le specie autoctone che essa conserva: flora e fauna, unicamente presenti in questo ecosistema sono a rischio d'estinzione.
Non solo la biodiversità è a rischio, ma la diradazione di queste enormi foreste contribuisce all'incremento dei gas serra, accelera l'erosione del suolo e mette in ginocchio agricoltura e approvvigionamento idrico. E' un effetto che si ripercuote ad onda d'urto globale.
Da tempo le popolazioni locali, le ONG e alcune istituzioni, richiedono una gestione sostenibile delle risorse naturali. Tuttavia, non sono state attuate delle politiche incisive da parte dei governi affinché si possa difendere l'Amazzonia. Non un problema brasiliano, ma del mondo intero.


